Festival delle Nazioni


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Festival delle Nazioni a Città di Castello


Festival delle nazioni

Il Festival delle Nazioni è nato a Città di Castello nel 1968 con il  proposito di valorizzare il patrimonio artistico dell’Alta Valle del Tevere e impossessarsi di  uno spazio di qualità nelle scoperte culturali italiane ed europee di maggior valore.

L’asse culturale del Festival si è distinto sin dai primi anni per la scelta di una Nazione ospite di cui viene mostrato il meglio della produzione di musica in scenari naturali ed architettonici particolarmente suggestivi.

in questo contesto il contributo offerto dal Festival delle Nazioni alla integrazione europea attraverso l’arte e la cultura è stato generalmente apprezzato.



La 43ma Edizione del Festival delle Nazioni, che si svolgerà dal 26 agosto al 5 settembre , rende omaggio alla produzione musicale della Gran Bretagna. Pare connaturata allo storico cammino di questo gruppo di isole - Anglesey, Wight, Ebridi, Orcadi, Shetland - intorno all’isola più grande, la Gran Bretagna appunto, la virtù di comprendere culture, stili e sensibilità assai diverse.

Anche la letteratura musicale è specchio delle contrapposizioni, incontri e fusioni che hanno caratterizzato la complessa storia di queste isole. È risaputo, per altro, quanto la Gran Bretagna abbia rappresentato un polo d’attrazione per tanti musicisti, dal Rinascimento ai giorni nostri. Emblematica ad esempio l’attrazione che ha esercitato nella musica pop e rock negli anni settanta e ottanta, come per altri versi l’attrazione che ha esercitato sui musicisti ‘colti’ in particolare tedeschi nei secoli scorsi. Pur non annoverando nella sua storia musicale un numero di autori così importante come altre nazioni europee (si pensi solo alla Germania, la Francia e l’Italia) la Gran Bretagna ha saputo inglobare le esperienze musicali provenienti da tutto il mondo e rimane una delle nazioni che hanno dato particolare rilevanza alla musica nella formazione di base dei propri cittadini.

Dunque emblematica l’adozione del compositore tedesco Georg Friedrich Händel che, una volta raggiunto Londra, non l’abbandonò mai più. Influenzato dai grandi compositori dell’età barocca, in particolare da quelli della scuola italiana e dall'inglese Henry Purcell, i suoi lavori ebbero un influsso decisivo su tutti i suoi contemporanei e fra i compositori delle generazioni successive, in primis i maestri del Classicismo viennese (Haydn che lo definì “il maestro di tutti noi”, Mozart e Beethoven ch’ebbe a dire “Händel è il più grande ed il più abile di tutti i compositori; da lui posso ancora imparare”).

Händel scrisse per il pubblico inglese tutte le sue 42 opere teatrali, nell’assoluto rispetto dello stile vocale italiano, e i suoi 8 oratori in lingua inglese. Il Festival ne ricorderà il 250° anniversario della morte con I Solisti Veneti diretti da Claudio Scimone che eseguiranno appunto pagine di Händel, Albinoni e Vivaldi, riconfermando il loro personalissimo percorso stilistico con l’uso di strumenti moderni nell’ambito della riproposta della musica del '700.

Anche Haydn (di cui ricorre quest’anno il bicentenario della morte) rimase conquistato dal fascino delle isole britanniche e durante due soggiorni, 1791-92 e 1794-95, scrisse e presentò le sue ultime 12 sinfonie, conosciute appunto come Sinfonie londinesi, in puro stile classico. Il Quartetto di Tokyo eseguirà una selezione di quartetti tratta dall’op.76, che rappresenta l'ultima opera completa di quartetti scritti da Haydn. Sempre di Haydn potremo ascoltare la più significativa tra le sinfonie scritte in quel periodo, la “104” che sarà eseguita da I Solisti di Perugia.

Mendelssohn, anch’egli affascinato dalla cultura britannica, dopo il viaggio in Inghilterra e in Scozia, compose la celeberrima Sinfonia in la minore detta Scozzese, secondo lo stile “classicista romantico” com’ebbero a definirlo gli storici della musica. Stewart Robertson, direttore scozzese, per celebrare il bicentenario della nascita del compositore tedesco, ci farà ascoltare con l’Orchestra Sinfonica del Friuli Venezia Giulia l’Ouverture Le Ebridi (op. 26) ed il Sogno di una notte di mezza estate (op. 61) nella versione originale, composta per la commedia di Shakespeare, per orchestra, coro femminile, voce recitante, soprano e mezzosoprano.

Un vero londinese, di nascita e formazione, fu invece Henry Purcell. Egli, probabilmente uno dei più importanti musicisti inglesi di tutti i tempi insieme a Britten, seppe sovrapporre alla tradizione inglese lo stile della musica vocale italiana e quello strumentale francese. Assieme al già citato Handel, Britten e molti altri compositori lo presero a modello, o quanto meno si ispirarono al suo stile. Compose anthems (pezzi vocali d’ispirazione biblica), cantate, composizioni strumentali, musiche di scena oltre all’opera Dido and Aeneas e alla semi-opera The Fairy Queen (tratto dallo shakespeariano Sogno di una notte di mezza estate).
Il gruppo dei Fretwork, composto da sei viole da gamba e voce, ci restituirà un mosaico di fantasie musicali composte da Purcell e da altri musicisti d’origine inglese, suoi predecessori, tra cui William Lawes, Matthew Locke (compositori di musiche per i masques di corte, di anthems sacri e mottetti).

Il 26 agosto, il concerto di inaugurazione vedrà protagonisti i Filarmonici del Teatro Comunale di Bologna diretti da Stefan Asbury di pagine quali Prelude and Fugue per 18 archi di Britten, la serenata in mi minore di Sir Edward Elgar (compositore appartenente alla corrente romantica, nominato "Reale Maestro di Musica" dalla corona inglese nel 1924) e St. Paul Suite di Gustav Holst, suo contemporaneo. Holst fu fautore, insieme all’amico e compagno di studi Vaughan Williams ed altri, del movimento di riscoperta della musica inglese medievale e dei madrigalisti del primo '600 come William Byrd e Thomas Weelkes. Lo studio di tale materiale e della musica folkloristica inglese lo influenzò sensibilmente in tutte le sue composizioni, condizionate altresì dalle nuove dimensioni musicali sperimentate da Stravinskij e Schoenberg.

Grazie alla folk band Fairport Convention sarà possibile ascoltare il repertorio di musiche di tradizione celtica, genere dai confini non ben definiti - che si richiama ad una cultura e ad una storia di sovente mitizzata nell’immaginario giovanile e dai connotati piuttosto ambigui - che rielabora la musica folk di tradizione soprattutto scozzese ed irlandese (ma anche del nord della Spagna e della Francia). L’attuale riscoperta di questo genere musicale, e la sua rielaborazione in chiave moderna così in voga tra il pubblico giovanile, risponde probabilmente al bisogno di riconquista di un’atavica identità culturale, in un epoca in cui l’identità di ogni nazione subisce rapide ed inevitabili trasformazioni.
Sarà la volta poi dell’Hilliard Ensemble, quartetto vocale britannico di sole voci maschili, fondato nel 1973 e specializzato nell'esecuzione di musica antica (medievale e rinascimentale). L’Ensemble, che prende il nome dal pittore miniaturista dell'età elisabettiana Nicholas Hilliard, eseguirà madrigali inglesi di Cornish, Farnaby, Verdelot, Arcadelt e brani di autori inglesi contemporanei, oltre ad una prima assoluta di Fabio Vacchi - commissione dal nostro Festival - Memoria italiana.

Enrico Dindo in duo con Monica Cattarossi e Danilo Rossi in duo con Stefano Bezziccheri eseguiranno composizioni di Britten, Frank Bridge (compositore, direttore d’orchestra e violinista inglese, maestro di Britten). La sera successiva Stefano Bezziccheri si esibirà al fianco del vincitore del Premio Calpurnia 2008, il violista Luca Guidi.

Ascolteremo Two Majorcan Pieces e la Sonatina per clarinetto e pianoforte scritta nel 1981 da Joseph Horovitz (viennese di nascita, emigrato con la famiglia in Inghilterra, nel 1938, per salvarsi dallo sterminio nazista), grazie al duo Corrado Giuffredi, Linda di Carlo. Con il duo Federico Mondelci e Filippo Farinelli (sassofono e pianoforte) ascolteremo di Paul Creston la Sonata Op. 19 di Benjamin Britten On This Island Op. 11 e Five Songs, del contemporaneo Michael Nyman Shaping The Curve per sassofono soprano e pianoforte.
L’attore David Riondino interpreterà, assieme a Pierluigi Odifreddi e l’Ensemble degli illuminati, il racconto fantastico ‘a più dimensioni’ di Edwin Abbott, Flatlandia. Le musiche, che faranno da controcanto al viaggio multidimensionale del protagonista, sono state commissionate dal Festival al compositore Flavio Emilio Scogna.

Una novità per la programmazione del festival sarà la produzione di un opera da ‘camera’ di Benjamin Britten, The little sweep (Il piccolo spazzacamino). Britten, grande divulgatore della cultura musicale e sensibilissimo ai problemi della didattica, si fece portavoce ed interprete della tradizione musicale britannica, riservando spesso proprio alle voci bianche il ruolo di protagonista. Il piccolo spazzacamino fonde genialmente livelli diversi di difficoltà tecniche nei diversi ruoli dedicati al coro, ai bambini solisti, ai cantanti e strumentisti professionisti, ottenendo un risultato artistico di grande qualità ed omogeneità con assoluta naturalezza. Parteciperanno alla produzione del Festival, con l’allestimento della Fondazione Teatro Pavarotti di Modena, la regia di Stefano Monti e la direzione del M° Mario Cecchetti, i bambini del Coro di voci bianche “Laeti Cantores” di Città di Castello e “Il Giardino dell’Armonia” di Perugia, che saranno coinvolti, nei mesi precedenti le rappresentazioni, in un laboratorio cui parteciperanno anche gruppi ‘pilota’ delle scuole di Città di Castello. Il Festival delle Nazioni nel suo storico radicamento non solo a Città di Castello ma anche nell'Alta Valle del Tevere, intende decentrare nei comuni più significativi alcuni spettacoli e iniziative culturali che diano un immagine unitaria del territorio e ne promuovano l'alto profilo civile.